Beatitudo
Carte Blanche – Centro Nazionale Teatro e Carcere e TieffeTeatro
con il sostegno di MiBACT – Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo, Regione Toscana, Comune di Volterra, Comune di Pomarance, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, ACRI – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, Ministero della Giustizia – Casa di Reclusione di Volterra, Accademia dei Riuniti – Teatro Persio Flacco
con il contributo del Consiglio Regionale Regione Toscana
BEATITUDO
anteprima nazionale
Regia e drammaturgia di Armando Punzo
Liberamente ispirato all’opera di Jorge Luis Borges
dal 23 al 26 luglio 2018 ore 17.00 – Fortezza Medicea/Casa di Reclusione – Volterra
29 luglio 2018 ore 21.00 – Teatro Persio Flacco – Volterra
6-7 ottobre 2018 – Teatro Verdi – Pisa
8-9-10 febbraio 2019 – Teatro Menotti – Milano
30-31 marzo 2019 – Teatro Arena del Sole Bologna
dal 24 al 28 aprile 2019 – Teatro Massimo – Cagliari
Locandina completa
Le immagini dello spettacolo
Sono infiniti i personaggi di Borges, vengono da tutte le epoche, come a rappresentare l’intero universo. Tra queste innumerevoli figure, così fortunatamente lontane dai caratteri della vita, ce n’è una, Funes, che vuole liberarsi della sua memoria sterminata e rinominare il mondo. Sarebbe giusto, auspicabile, vivere nelle innumerevoli possibilità, obliandosi, fuori dalla storia e ancora di più dalla vanità della propria storia. Fondiamo la nostra vita su quello che siamo, non su quello che potremmo essere. E in questa staticità perdiamo il gusto del rischio di essere come non sapremo mai. Il voler dimenticare di Funes è il nostro desiderio di poter vivere al di fuori della vita passata, futura e presente.Tra i tanti personaggi di Borges sentiamo più vicini i più lontani dalla vita, quelli che tradiscono meglio le nostre aspettative, che non ci danno appigli per riconoscerci, ci sfumano tra le mani e si rendono imprendibili, consegnandoci un movimento, indicandoci una possibilità che sembra non appartenerci. Averroé, Cartaphilus, Pierre Menard, l’Uomo Grigio, Almotasim, Emma Zunz, Asterione, Tzui Pen non sono attuali, non soddisfano la nostra fame bulimica di riconoscibilità, non ci appartengono, non ci ripetono, non possiamo possederli, violentarli con il nostro sguardo e la nostra interiorità a caccia dell’anima gemella, non li possiamo vendere facilmente al mercato dei teatri della nazione, non assomigliano a nessuno di noi, non un suono che proviene da loro è un suono che ci appartiene, la loro parola non è la nostra, le loro parole sono lievi. Anche i luoghi dei suoi racconti e delle sue poesie non si prestano alla narrazione, non si materializzano in coordinate tangibili, sono sospesi, insapori, sbiaditi, come in un alto ipotetico mitico luogo che vuole essere bagnato dalla luce del sogno e non della realtà. Sono personaggi simbolici anch’essi, alla pari di quelli che, solo perché dotati di orecchie, occhi, bocca e un cuore, dovrebbero più naturalmente incuriosirci. La biblioteca, il labirinto, l’infinito, lo specchio, il giardino dei sentieri che si biforcano, le rovine circolari sono i protagonisti principali del mondo di Borges, il seme delle sue più profonde riflessioni, i luoghi di un’altra vita, circostanze innaturali che sospendono il tempo e donano una profondo senso di inadeguatezza. È come se avesse disegnato un nuovo volto, come se tutta la sua opera avesse luogo in un corpo ideale, come se fosse quella parte mancante, la punta di uno spillo in noi che cerca il suo spazio, che fa degli uomini, uomini in perenne ricerca di un senso che sfugge. “Voleva sognare un uomo, sognarlo con minuziosa interezza, e imporlo alla realtà”, mi sembra il compito che si è dato la Fortezza per trent’anni. Asciugare le acque di un fiume in piena, prosciugarle prima che inondino le pianure circostanti travolgendo tutto quello che incontrano sul loro cammino, procurando distruzione e morte, è questo il teatro che cerca di arginare la vita che dilaga in noi senza nessun freno, vita che rompe gli argini e si insinua in tutte le pieghe della nostra esistenza per possederci e soffocarci con il suo fluido limo, è questo il teatro che solleva solide barriere e svela in noi spazi inesplorati e segreti, impermeabili e irraggiungibili da queste acque sinistre e violente. Il fiume della vita scorre fino a che non inizia a scorrere la montagna che in esso si specchia immobile, silenziosa e imprevedibile.
Armando Punzo