Masaniello
di Elvio Porta e Armando Pugliese
ideazione e regia Armando Punzo e Annet Henneman
scenografia e costumi Armando Punzo con la collaborazione di Francesco Castaldo, Isabella Pescucci
Compagnia della Fortezza: Agostino Amadei, Gabriele Cadeddu, Amodeo Daniele, Carlo Diana, Domenico Distico, Vincenzo Ferretti, Giuseppe Garozzo, Pasquale Gulisano, Armando Punzo, Francesco Mesi, Angelo Palumbo, Costantino Petito, Carmine Piccolo, Michele Bracciali, Carmine Schenone, Francesco Scimone, Giovanni Sutera, Vincenzo Sutera, Pasquale Verde
produzione Carte Blanche
con il contributo di Comune di Volterra, Regione Toscana
Dopo l’esperienza dello scorso anno all’interno del Carcere di Volterra con il progetto “La Gatta Cenerentola” di Roberto De Simone, stiamo lavorando dal dicembre ’89 ad un laboratorio teatrale su “Masaniello” di Elvio Porta e Armando Pugliese.
Abbiamo lavorato tutti i giorni almeno tre ore puntando, nel lavoro con i detenuti, alla realizzazione di un obiettivo concreto: la messa in scena di uno spettacolo da mostrare anche ad un pubblico esterno chiedendo il massimo di adesione, partecipazione e responsabilità individuale e collettiva verso il progetto. Il teatro era diventato un campo neutro, quasi un’oasi che permetteva ai detenuti e a noi di incontrarci, tenendo fuori qualsiasi atteggiamento o tentazione ideologica e pietistica. Entrando in carcere ci eravamo dati una sola regola: non chiedere e non parlare del perché fossero detenuti. Una regola non rigida ma che serviva a precisare il nostro ruolo e la nostra competenza all’interno dell’Istituto senza correre il rischio di diventare degli “assistenti sociali aggiunti”.
Avevamo di fronte dei detenuti, o meglio carcerati, persone con lunghe pene detentive, ma volevamo vedere dietro questa facciata, questa etichetta, che, rimandando a facili cliché comportamentali e culturali, ci sembrava negasse definitivamente a ognuno di loro una carica umana ed una possibile realtà diversa. Il teatro è servito da martello e scalpello, sono emersi sorrisi, atteggiamenti, voci e qualità negate o forse semplicemente dimenticate. Inevitabilmente ci siamo dovuti interrogare sulla nostra funzione, abbiamo dovuto lasciare da parte il ruolo di insegnanti, mettendoci a lavorare con loro cercando di creare un’atmosfera di gruppo. Abbiamo sentito il bisogno di annullare, nel rapporto con i detenuti, il fantasma dell’Istituzione carceraria e di puntare dritto all’uomo, ai rapporti interpersonali, cercando di tirar fuori il meglio da ognuno di loro sia a livello personale che di coinvolgimento nella creazione di uno spettacolo. Molti sono stati naturalmente i naufragi, le perdite di rotta. Nascevano dubbi, incertezze e difficoltà che sembravano allontanarci dalla meta finale. Bastava un temporale, una porta aperta in ritardo, i pericoli di un trasferimento o altri piccoli problemi difficili da elencare, per far nascere nel gruppo un senso di sfiducia. Nel carcere ogni piccola difficoltà assume proporzioni enormi. Ogni volta dovevamo rifare il punto per riconquistare al progetto una rinnovata fiducia. Quando siamo entrati in carcere dopo circa tre mesi di assenza molto di questo lavoro era andato distrutto, il carcere stava riconquistando le sue posizioni, rimaneva il ricordo di una festa che si era trasformata tra le mani. Tutta quella energia liberata, l’entusiasmo e la gioia che avevamo conosciuto sui loro volti si erano dovute evidentemente stemperare, giorno dopo giorno, nel ritorno alla vita del carcere. Dopo alcuni mesi di lavoro “Masaniello” ci è venuto incontro riuscendo a donare una rinnovata vitalità a tutti noi.
Il “Masaniello” è servito a cercare e ricostruire una nuova relazione tra i detenuti, il teatro, noi e il carcere e a dare una risposta a una situazione che sembrava non avesse soluzione. In fondo questo “Masaniello” carcerario è il frutto di una follia. La follia di credere che il teatro possa cambiare qualcosa ed essere più forte di una realtà che specialmente nel carcere non perdona e ti azzera ricordandoti continuamente chi sei e da dove vieni, negando ogni possibilità di cambiamento. Il “Masaniello” è nato dalla paura che tutto il lavoro fatto insieme non fosse servito a nulla.
Armando Punzo
prima rappresentazione
14 luglio 1990
Carcere di Volterra