Santo Genet – tournée
Pisa – novembre 2014
Bologna – febbraio 2015
Siena – marzo 2015
Bari – febbraio/marzo 2017
drammaturgia e regia di Armando Punzo
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
musiche originali eseguite dal vivo e sound design Andrea Salvadori
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
video Lavinia Baroni
direzione tecnica Carlo Gattai, Fabio Giommarelli
light designer Andrea Berselli
suono Alessio Lombardi
assistente alla regia Alice Toccacieli
assistente alle scenografie Yuri Punzo
collaborazione drammaturgica Giacomo Trinci, Lidia Riviello
collaborazione artistica Manuela Capece, Davide Doro, Alessandro Fantechi, Adriana Follieri, Daniela Mangiacavallo, Pier Nello Manoni, Marco Mario Gino Eugenio Marzi, Debora Mattiello, Marta Panciera, Luisa Raimondi, Carolina Truzzi, Elena Turchi
con Armando Punzo
e i detenuti-attori della Compagnia della Fortezza Giuseppe Calarese, Pierangelo Cavalleri, Nicola Esposito, Alban Filipi, Noureddine Habibi, Luca Lupo, Gianluca Matera, Edmond Parubi, Massimo Terracciano, Qin Hai Weng, Jian Dong Ye
e con Aniello Arena, Placido Calogero, Francesco Felici, Antonino Mammino, Massimiliano Mazzoni, Danilo Schina, Arioud Tatou, Giuseppe Venuto
e Gillo Conti Bernini, Eva Cherici, Francesco Nappi, Francesca Tisano
e la partecipazione dei giovanissimi Amelia Brunetti, Gregorio Mariottini, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja
con la partecipazione straordinaria di Isabella Brogi e del contraltista Maurizio Rippa
organizzazione generale Cinzia de Felice
coordinamento Domenico Netti
amministrazione Isabella Brogi
segreteria Giulia Bigazzi
attività formative Marzia Lulleri
curatrice Rossella Menna
social media partner Simone Pacini/fattiditeatro.it
assistenti stagisti Gemma Salvadori, Emanuele Vignozzi
Trasporti Untitrans
Spostamenti compagnia Bacci Travel
Foto di scena Stefano Vaja
produzione VOLTERRATEATRO/CARTE BLANCHE e TIEFFE TEATRO
con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Toscana, Comune di Volterra, Provincia di Pisa, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, Ministero della Giustizia C.R. Volterra
Santo Genet Commediante e Martire
Come santi meravigliosi, nell’atto dell’estasi, dell’oblio.
Perché quel corpo deve essere mitizzato, non è il corpo del reato del reale,
ma è il corpo di chi si allontana dal reale, dalla storia e dalla sua storia.
Tutte qualità e potenzialità nello stesso soggetto.
Genet non uccide, si uccide, si sacrifica.
Sacrifica il suo essere.
I suoi eroi vengono svuotati della loro realtà.
Ogni omicidio diventa un suicidio, un morire a se stessi su un piano estetico.
Il teatro è la macchina del delitto. La realtà diventa immagine reale che si fa riflesso
che tradisce la realtà con tutta la sua arroganza.
Genet non è diversità in una società convenzionale.
È mastro indicatore di un modo di cercare altre possibilità.
È l’alchimista, colui che trasforma la materia vile in oro.
Genet applica la crudeltà artaudiana verso se stesso, verso la sua biografia,
trasformata, amputata di realismo, in un monumento alla diversità, all’esaltazione dell’inesaltabile.
Sulle scene siamo ancora al diritto di esistenza delle diversità, alla ricerca di accoglienza,
tra le braccia sempre dello Stato attuale.
Il diritto di cittadinanza, la battaglia per i diritti, il bisogno di entrare in seno all’esistente
che non è altro che proiezione di un desiderio di essere Stato.
Il diritto è senza battaglia, è l’essere fuori dallo Stato, l’essere senza il desiderio di esserci.
Armando Punzo
La Compagnia della Fortezza attraversa tutta l’opera di Jean Genet, l’autore francese che con le sue parole ha saputo trasformare la materia vile in oro, strappare bellezza al dolore, “creare buchi nella realtà”, trasfigurarla, immaginare collane di fiori lì dove c’erano catene.
Partendo da una riflessione sulle logiche di inattualità che abitano la stanza-carcere in cui opera la Compagnia, Genet offre la possibilità di raccontare del carcere come teatro, come luogo inattuale, in cui si vive un tempo fuori dal tempo ordinario. A luglio il carcere ha ospitato le stanze segrete del castello di Irma, quel “castello interiore” pieno di meraviglie che nella sua eccezionale ricerca coltiva da ventisei anni la Compagnia. Innumerevoli specchi dorati inseguivano gli spettatori nei cunicoli densi di altarini, velluti, pizzi e fiori, obbligandoli al confronto con la moltiplicazione di rifrazioni della loro stessa presenza fino all’esplosione emotiva nel cimitero abbagliante dell’esterno, tra violini, fiori, euforiche processioni e struggenti litanìe.
Armando Punzo ricostruisce, e perfino amplifica, nello spazio fisico del teatro, quella stessa atmosfera di estasi, rarefazione, meraviglia per fare del teatro una sorta di santuario in cui celebrare il funerale del reale e il rito di nascita del possibile. La poesia, il barocchismo scenografico, l’eccesso romantico, la musica trascinante, i costumi preziosi di Santo Genet si incontrano sul palcoscenico in un teatro totale per dare forma visibile alla bellezza, alla libertà interiore, alla perfezione morale, ovvero a quella Santità che l’artista indagava da anni, in filigrana, nella sua radicale riflessione artistica.